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11/10/2016
Uno dei più annosi problemi con cui spesso hanno a che fare i tatuati è quello relativo alla scelta di farsi dei tatuaggi in parti del corpo scoperte, come ad esempio il collo, le mani, le braccia o le gambe, nei casi in cui si aspiri ad un’occupazione che preveda il diretto contatto con il pubblico o un ruolo d’immagine e di responsabilità all’interno di un’impresa.
Infatti, non sono affatto rari i casi in cui un candidato tatuato venga respinto ad un colloquio di lavoro, non per incompetenza o inesperienza, bensì proprio per l’avere dei tatuaggi, magari piuttosto vistosi, in parti del corpo a vista; un elemento che evidentemente infastidisce potenziali datori di lavoro, legati ai vecchi – ma purtroppo ancora vivi – stereotipi sui tatuaggi. Operando in tal maniera, può capitare di rinunciare a candidati in possesso di eccellenti abilità per il ruolo ricercato, in favore di candidati meno competenti e qualificati, soltanto per una quanto meno opinabile questione d’immagine.
Il lavoro è indispensabile per condurre una vita dignitosa, a maggior ragione se si ha una famiglia, perciò frequentemente accade che appassionati di tatuaggi non possano liberamente scegliere di farsi il tattoo che desidererebbero, per il timore di perdere il posto di lavoro o di non concorrere alla pari con altri candidati per una nuova opportunità lavorativa.
Come si intuisce, si tratta di un’ingiustizia che lede le pari opportunità di ogni individuo, e forse, nel 2016, sarebbe il caso di iniziare a rifletterci, per oltrepassare antiquate barriere di pensiero e permettere a chiunque di dimostrare il proprio valore, a prescindere dall’avere o meno un corpo tatuato, che è una caratteristica assolutamente irrilevante nel qualificare l’abilità e la competenza di una potenziale risorsa della società e del mondo del lavoro.