Riepilogo carrello
Il tuo carrello è vuoto
Prodotti nel carrello: 0
Totale Prodotti: € 0,00
21/09/2016
21 SET
Il Giappone, si sa, è uno dei paesi più all’avanguardia del mondo per quanto concerne l’innovazione, la tecnologia e lo sviluppo delle idee più avveniristiche, e ciò, unito alla sua millenaria tradizione di paese imperiale dai rigidi costumi e dalle abitudini tramandate di generazione in generazione, lo rende un originalissimo esempio di nazione in costante equilibrio tra un glorioso austero passato e un fulgido presente sempre proiettato al futuro.
Eppure, nonostante l’insaziabile brama di progresso, in questo paese vi sono ancora delle “zone d’ombra”, dei tabù per certi versi sorprendenti se rapportati al resto dei paesi maggiormente sviluppati, e una delle zone d’ombra del Giappone è costituita proprio dai tatuaggi.
Infatti, se siete tatuati e, per qualunque motivo, vi recate in Giappone, vi accorgerete di subire una discriminazione tanto ferma quanto inattesa, soprattutto in luoghi come piscine, bagni termali (i celebri onsen), centri benessere, parti estese di spiagge libere. In tutti i luoghi appena elencati è vietato l’accesso alle persone tatuate (anche il minimo tatuaggio comporta l’attivazione del divieto), a meno che non si indossi qualcosa che permetta di coprire integralmente i tattoos.
L’origine di questa proibizione è legata alla mafia locale, la Yakuza, i cui membri tradizionalmente si facevano riconoscere dal resto della popolazione proprio grazie ai tatuaggi, facendo quindi divenire questi ultimi dei simboli di potere e di paura, temuti da tutti. Oggi i tempi sono parzialmente cambiati, perché molti membri della Yakuza non hanno tatuaggi e si camuffano perfettamente con il resto dei civili, quindi la discriminazione giapponese verso i tatuaggi finisce per essere quanto meno anacronistica. Tuttavia non si tratta soltanto di anacronismi storici, ma anche di provvedimenti discriminanti fortemente ingiusti -e ingiustificabili- nei confronti dei turisti stranieri tatuati che viaggiano attraverso il Giappone per puro piacere, oppure verso gli stranieri che devono trasferirsi in Giappone per motivi di lavoro. Tali persone al 99,99% non potranno mai essere parte della Yakuza, pertanto l’essere malvisti ed etichettati come “potenzialmente pericolosi” a prescindere è chiaramente un’ingiustizia che non dovrebbe essere contemplata in una nazione così all’avanguardia e così fiera dei propri antichi costumi di ospitalità, disciplina, educazione e rispetto.
La speranza è che, prima o poi, l’avversione della società giapponese verso i tatuaggi cessi del tutto di esistere e rimanga solo un lontano ricordo, figlio della paura e del timore verso una mafia indubbiamente potente e influente, ma per la quale i tatuaggi un tempo erano un segno distintivo esclusivo, mentre oggi non è più così. Oggi, i tatuaggi sono divenuti uno stile di vita, un’esigenza estetica personale per esprimere qualcosa mediante la propria pelle, e non esiste motivo per considerarli aprioristicamente negativi.